(Dalla Catechesi “Benedetta tra le donne” del 18 maggio 2008. Don Marco Farina) Voglio dare testimonianza a tutti di Nicoletta Latini (sposata Clementoni), di Recanati, voglio parlarvi di questa donna perché da lei dobbiamo imparare qualche cosa che serve veramente per diventare veri cristiani. Voi sapete che oggi è la festa dedicata alla SS. Trinità. Quando leggiamo nel vangelo e vediamo che tipo di rapporto Gesù aveva con il Padre troviamo che per Gesù il Padre era il massimo: non esisteva nessuna persona, nessuna cosa, nessuna realtà più importante per Lui del Padre. Gesù era venuto nel mondo per compiere la sua volontà: in tutta la sua vita Gesù non ha pensato di realizzare se stesso, ma ha pensato a fare l’opera che il Padre gli aveva dato da fare. Quando vediamo Gesù Cristo in difficoltà o nella sofferenza sempre lui si rivolge al Padre. Gesù poteva predicare una giornata intera, annunciare la Parola e guarire i malati, ma la notte poi andava a parlare con il Padre suo. Gesù aveva un rapporto così confidenziale con il Padre del Cielo che lui usava per parlargli la parola che i bambini ebraici dicevano al loro papà: (in ebraico) “abbà” che, tradotto in italiano, si dice “papino, babbo mio”. Quando qualcuno provava a mettersi di mezzo al suo rapporto con il Padre (es. Satana durante le tentazioni nel deserto gli dice: “Guarda se tu lasci perdere quello e vieni da me io ti darò i soldi, il piacere del corpo, la gloria, il successo… tutto ciò è mio e io li do a chi voglio. Darò tutto a te però devi scegliere me come punto di riferimento e non più il Padre tuo…”) fa scatenare Gesù Cristo che lo caccia via con tutte le sue forze. Per il volere del Padre Gesù sacrifica tutto: anche quando sta nella prova più difficile, nel Getsemani gli dice: “Padre, tutta questa montagna di sofferenza mi fa un orrore così tale, uno schifo così grande che ti prego, se possibile allontana da me questo calice! Fammi questo favore. Tu puoi tutto, sicuramente le cose possono andare in un altro modo. Allontana da me questo calice. Però non si faccia quello che voglio io ma si faccia quello che vuoi tu. Per me quello che Tu vuoi è più importante di quello che desidero Io”. La volontà del Padre innanzi tutto. E per fare quella ha sacrificato letteralmente tutto: la sua vita, il suo corpo, la sua sofferenza, i suoi affetti, ogni goccia di sangue. Se lo vuole il Padre si fa così. Senza esitazioni. Senza lasciarsi prendere dai dubbi.
Tutti in questa vita dobbiamo fare con il Padre come ha fatto Gesù, ma qualcuno lo deve fare in maniera estrema, proprio come ha fatto Gesù, sulla croce. Veniamo così a Nicoletta: verso i 30 anni le hanno trovato un tumore al cervello. I dottori allora hanno fatto un intervento chirurgico e le hanno asportato la massa tumorale, ma non tutta perché la parte rimanente era in un punto con troppi vasi sanguigni, dove, se la toccavano, facevano un disastro. Anzi era tanto il non avere perso la vista a causa dell’intervento. Perse infatti solo diversi decimi e poteva ancora riuscire a leggere, magari con l'aiuto di una lente. Si sapeva che quella massa nel giro di due anni sarebbe tornata come prima. E così avvenne. Nicoletta ebbe più interventi chirurgici per togliere quella massa che gli cresceva nel cervello. I medici le dissero: “Tu hai già due figli, basta! Non ne avere più perché è troppo pericoloso per te”. Ma Nicoletta sentiva la vocazione alla maternità e ne ebbe altri due. Dalla seconda figlia al terzo figlio ci sono circa 10 anni di differenza. L’ultimo figlio avrebbe fatto la Prima Comunione, nel successivo mese di maggio del 2008. Bene, altri due figli con tutta questa malattia addosso! Non stiamo parlando di un doloretto, qui stiamo parlando di un tumore maligno, mortale. Nicoletta è andata avanti, 4 figli, uno più bello dell’altro, uno più bravo dell’altro. La sua famiglia era unita nel Signore Gesù: Nicoletta e Pierpaolo si sono conosciuti da ragazzi in parrocchia. E hanno camminato sempre insieme nella fede, con un grande amore per la Chiesa ed i sacerdoti, sempre disposti al massimo servizio fatto in tutti i modi: con la loro persona, il loro tempo, i loro mezzi. Ma il tumore andò avanti e cominciò a diffondersi. Dalla testa passa ai polmoni, al fegato, e poi alle ossa: al bacino, la spina dorsale, alle vertebre cervicali, sulle spalle; poi ancora al sistema linfatico, dappertutto. Anche se è stata curata nel migliore dei modi non c’è stato verso di fermare il tumore. Quando Nicoletta ha saputo del nostro servizio di guarigione ci ha chiesto preghiere e noi siamo andati a pregare per questa signora, unendoci ai tanti che già lo stavano facendo. Abbiamo pregato più volte per lei; io le ho annunciato che Gesù Cristo è guarigione con tutto me stesso. Io ho visto diverse persone guarire dal tumore attraverso le preghiere, credo pienamente a questo tipo di miracolo. Pregavo, pregavo, pregavo niente, mai un miglioramento. Ogni volta che pregavo speravo di sentire l’Unzione dello Spirito Santo: quando lo Spirito Santo ti usa per guarire senti la sua Potenza che ti attraversa e la persona che riceve la tua preghiera sente come un fuoco che brucia la malattia. Ma per Nicoletta niente, mai niente. Dal punto di vista spirituale invece Nicoletta, dopo la preghiera, prendeva sempre un sorriso meraviglioso e cantava di gioia. Lei faceva parte di un gruppo di preghiera, era la chitarrista, sapeva i canti, cantava sempre. Ma mai era così serena come dopo la preghiera. Già da malata Nicoletta era una testimonianza vivente. La gente diceva: “Guarda come soffre con gioia, come sa portare il peso della malattia… “. Tutti facevano le lodi di questa signora. Io dicevo al Signore: “Ma perché non guarisci questa donna? Con tutte le persone che pregano, una regione intera! Preghiere, preghiere, preghiere… E ci sono 4 figli, di cui l’ultimo di soli 8 anni, Signore come puoi non commuoverti di una madre malata che ha 4 figli?”. Niente. Tutte le mie direttive di fede sulla guarigione divina, tutto era andato a gambe per l’aria, e ho anche peccato contro il Signore non accettando la sua non-guarigione.
Il Signore non ha voluto ascoltare le preghiere di nessuno. Non ha guardato il fatto che era madre di 4 figli o aveva un marito che l’adorava. Niente. Non ha guardato niente e nessuno. Perché? Perché c’era un progetto di Gesù più grande su di lei. Ed io l’ho visto solo dopo. Man mano che conoscevo meglio Nicoletta scoprii il suo grande amore per la Chiesa e in particolare per i sacerdoti. Tante volte andando a trovarla incontravo anche qualche sacerdote. Essi andavano a parlare con lei non solo per trovarla, ma anche per prendere consiglio, per ricevere una parola. Un sacerdote giovane glielo aveva mandato il vescovo perché era in crisi e perché lei lo aiutasse a riprendere bene la sua vocazione e la sua forza spirituale. Lei viveva proprio con il grande desiderio che la Chiesa tornasse ad essere santa, forte nella fede, e i sacerdoti, invece di essere ostacolo o scandalo alla fede del popolo di Dio, diventassero aiuto, carità vivente, compagnia dei malati, annunciatori della Parola, trascinatori dei lontani verso Dio. Nicoletta avrebbe fatto qualsiasi cosa purché la chiesa si santificasse e soprattutto perché i sacerdoti vivessero bene la loro vocazione e missione.
Per fare le opere del Signore bisogna pagare un prezzo. Se uno vuole comprare un chilo di pane dovrà spendere qualche euro. Se uno vuole comprare un televisore dovrà spenderne qualche centinaio, se uno si vuole comprare una macchina dovrà spenderne qualche decina di migliaia. Se uno si compra una casa ancora di più. Magari deve legarsi ad un mutuo per 30 anni! A seconda di ciò che uno vuole ottenere c’è un prezzo da pagare. Salvare le anime, santificare la chiesa, rendere santi i sacerdoti quanto costa? A Gesù Cristo quanto è costato riportare le anime al Padre? Bastava essere sceso nel mondo con la sua santità di bambino e ragazzo? Così ha salvato solo l’infanzia e la famiglia. Vivere in maniera meravigliosa la realtà di lavoratore e il commercio con i prodotti costruiti con il lavoro da falegname, bastava questo per salvare l’umanità? No, lui facendo così ha santificato il lavoro, ma ci sono tante persone che non lavorano, che non si sono sposate. E allora Gesù lasciò la famiglia e si fece apostolo tra i lontani, andando lui di villaggio in villaggio ad annunciare il vangelo ai peccatori e riportarli al Padre. I miracoli amplificheranno la sua predicazione attirando più persone. Ma il Signore Gesù in questo modo riuscì a prendere tutti i peccatori? No. Con la predicazione non prese i farisei, gli scribi, i sadducei il sinedrio ed i sacerdoti di allora, il potere dei Palazzi di allora. C’era un passo ancora più elevato e più profondo da fare. Gesù Cristo doveva prendere in sé tutto il peccato e le sue conseguenze. Quindi occorreva ancora per lui la morte fisica, le sofferenze morali e di tutti i generi. Tutto di tutto, tutte le opere realizzate dallo Spirito del male. Tutti i peccati fatti da tutti gli uomini di tutti i tempi e tutti i luoghi della terra su di se. Tutto di tutto di tutto. Ed ecco che questo prendere sopra di se tutto il male del mondo, storicamente ha avuto una forma molto concreta. Quale? La croce. Due pezzi di legno ruvido sopra il quale essere inchiodato. Quando uno vede 30.000 persone che fanno i peccati cambiare dopo la predicazione della Parola, cioè tornare in Chiesa e impegnarsi a pregare e a dare i propri soldi ai poveri, capisci l’importanza della predicazione. Ma con una croce rozza e tre grossi chiodi di acciaio che cosa ci fai? Eppure quella era la più potente testimonianza e predicazione fatte da Gesù Cristo fino ad allora. Gesù ha convertito più anime con la croce che con 3 anni di predicazione in Palestina. Con il suo apostolato pubblico Gesù ha raggiunto i confini della Giudea, con la sua croce ha raggiunto i confini del mondo ed i confini del tempo a partire da Adamo fino all’ultimo uomo che dovrà nascere e mettere piede su questo mondo. Ha preso tutto. Allora il valore spirituale e la potenza dell’amore sofferto è di gran lunga superiore a qualsiasi attività di predicazione o dei miracoli ed esorcismi nell’attirare le anime a Dio. Il Signore, per la santificazione della Chiesa ed in particolare quella dei sacerdoti, ha chiesto questo livello di amore, l’amore sofferto o crocifisso che dir si voglia, a Nicoletta. Questo significa essere anime vittime, vocazione rara perché altissima e molto dolorosa. Nicoletta stava, nei suoi ultimi giorni di vita, con la flebo di morfina 24 ore su 24 per non morire di insopportabilità del dolore. Nonostante ciò ha collassato per il dolore due volte. I medici l’hanno data tutte e due le volte per spacciata, invece tutte e due le volte si è ripresa ed è andata avanti ancora. Sono andato a trovarla in ospedale, circa 10 giorni prima che morisse, ho pregato ancora per lei, ho chiesto ancora al Signore la sua guarigione, gli ho dato ancora l’Unzione degli Infermi. Vedevo un corpo che faceva brutto per quanto era ridotto allo stremo e nello stesso tempo vedevo un’anima raggiante che splendeva negli occhi limpidi, bellissimi. Quanto è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima! Alla fine della preghiera Nicoletta ha cominciato a cantare una lode al Signore. Poi non ce l’ha fatta a finirla perché non aveva più un filo di forza. Lei è morta a 47 anni, in spirito di lode. Ma che cosa le è successo alla fine della vita? Il diavolo non ce l’ha fatta, dandole tutta quella sofferenza, a farle dire: “Ma perché Dio mi fa soffrire così tanto dato che io gli ho obbedito sempre?” Lei questo non lo ha mai pensato e lodava Dio soffrendo ed offrendosi così. Chi di noi sarebbe capace di vedere il proprio giovane corpo disfarsi , sentirlo morire giorno dopo giorno, ora dopo ora e dire a Dio: “Tu sei grande, tu sei buono, tu sei l’Amore infinito!”. Lei lo poteva fare perché aveva scoperto il valore dell’amore sofferto, il valore dell’amore di Gesù sulla croce. Soffrire è una battaglia spirituale terribile. Li proprio il diavolo ci si butta con il massimo di se stesso. Per quale scopo? Per farci ribellare e staccare da Dio. Per farci pensare che Dio non ci ama più perché soffriamo. Non è Dio che ci fa soffrire, è lui, lo spirito del male che crea in noi tutte le sofferenze. Allora noi siamo in una lotta. Se cediamo alla tentazione, ci ribelliamo contro Dio e quindi oltre a soffrire con il corpo soffriamo anche con l’anima entrando in uno stato di lotta contro Dio. Se invece rimaniamo fedeli, (si questo è duro e durissimo), rimaniamo in piedi interiormente, fino a poter lodare Dio anche in quelle condizioni. E se uno loda Dio mentre il suo corpo sta morendo in mezzo ad una marea di sofferenze, chi sta vincendo in quel momento, in quell’anima, Dio o il diavolo? Ditemi voi. Significa che il diavolo, pur avendo usato tutto il suo arsenale a nostro danno per strapparci da Dio e farci dannare e portarci dove sta lui, è stato sconfitto! Se uno loda Dio quando soffre rompe le corna al Diavolo e lo sconfigge. Ci siamo in questa cosa? Capite questo?
Noi tutti abbiamo saputo fin da bambini che bisogna amare Dio sopra ogni cosa: “Amerai il Signore tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze!”. Poi nelle vicissitudini della vita questo amore ce lo dimentichiamo. Mentre pregavo per Nicoletta chiesi al Signore una Parola per lei. In quel momento stavamo: Nicoletta distesa sul letto, io da un lato del letto, dall’altra parte la figlia Monica che faceva l’assistenza alla mamma. Monica stava in ginocchio e si scioglieva in lacrime silenziose …. Aprii la Bibbia e venne questa Parola: Mt 10,37ss “Dice il signore: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me…” La figlia stava piangendo per la madre... se avesse osato dire a Dio: “Signore, dove stai, tu dici di essere buono e non ascolti le mie preghiere per far guarire mamma?” non sarebbe stata degna di Gesù che ha rinunciato alla Madre per compiere la volontà di Dio ... Capite questo? E poi: “…Chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me…”. La madre aveva la figlia in lacrime davanti a lei. Lei stava morendo di tumore e la figlia era in perfetta salute, ma la mamma cantava di gioia e la figlia piangeva. Ma chi sono più sani allora, i sani o i malati? Nicoletta ha messo in pratica questa Parola: lei amava Gesù più del marito, più dei quattro figli, più dell’ultimo figlio di 8 anni che faceva la prima comunione da lì a poco il mese di maggio. Da parroco ho sentito tante volte le nonne dire a Dio: “Signore riprendimiti ma fammi vedere prima mio nipote che fa la comunione!”. Il Signore non le ha permesso nemmeno questo. Alleluia! “… e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà!”. Nicoletta poco prima di morire disse alla famiglia, e lo ha messo pure per scritto, che il giorno del suo funerale non dovevano piangere ma dovevano far festa perché la mamma era andata in cielo. Il 26 aprile 2008, alle 10 di mattina, è andata al Signore che amava. Quella domenica pomeriggio al funerale concelebrarono 2 vescovi ed oltre 30 sacerdoti. Se invece di domenica il funerale fosse stato celebrato in un giorno feriale, quando sacerdoti erano più liberi, ce ne sarebbero stati almeno il doppio. E non c’erano 2 vescovi e 30 sacerdoti perché lei era una donna ricca o importante ma perché era una grande cristiana. Io quel giorno ho provato il fatto di non avere più lacrime per piangere, le avevo già versate tutte. I figli invece, in particolare David e Monica, hanno sorriso di gioia tutto il funerale, dall’inizio alla fine, pareva che stessero ad una festa di laurea. La madre li aveva preparati per questo momento, ma non solo, dentro di loro era entrata la grazia per poter reagire così bene al distacco dalla madre. Ed ecco allora, l’obiettivo della santificazione della Chiesa e soprattutto la santificazione dei sacerdoti voluto dal Signore su di Nicoletta. Il Signore da quella sofferenza ne ha ricavato un gran frutto per il suo regno. Nicoletta è un esempio di una grande anima, un’anima vittima, una di quelle anime che tante volte neanche si conoscono o che si conoscono solo dopo morte perché vivono nascoste. Esse sono le più alte, per loro la Chiesa oggi va ancora avanti, nonostante i tanti macelli e le tante controtestimonianze e scandali che avvengono in essa. Lode a te Signore Gesù